Anestetizzare paura di volare
Oggi ho accorciato di un’unità la mia lista di cose da fare prima di partire da Malta.
Ho tirato una linea su quel “pista aeroporto” che abitava la lista da mesi: assistere all'atterragio di un aereo dal luogo più vicino possibile alla pista, ai confini della legge e del filo spinato.
Il perchè? Per anestetizzare quel mio prendere alla lettera le turbolenze in volo, facendomi turbare...parecchio.
No, non ho paura di volare.
Le ho appena finite di contare: negli ultimi tre anni ho viaggiato in aereo per ottantaquattro volte e, tranne tre di questi, tutti gli altri non erano voli di necessità ma voluti da me.
Avessi avuto paura di volare, me la sarei cercata cosí di frequente? Forse in ogni caso si, considerando che, avendo una reale fobia per i serpenti, mi sto per trasferire nel Paese dove pare ce ne siano parecchi: l’Australia!
Quel che non amo dei viaggi in aereo é quel segnale delle cinture di sicurezza che si accende all'improvviso, premonitore di danze non richieste in cabina e quei successivi minuti, infiniti, di scosse, cadute, vuoti d'aria fuori dal finestrino e vuoti di speranza dentro il mio stomaco, visioni apocalittiche di motori in fiamme, bulloni che saltano via dalle ali, precipitare irrimediabilmente verso il suolo e magari andare a conficcarsi in una torre come una matita.
Sorvolando sul mio trauma da Undici Settembre mai superato, il momento dell'atterraggio rimane il peggiore a causa dell'inevitabile perdere di quota quasi mai regolare e liscio come una foglia che cade al terreno, ma sempre simile ad un gabbiano ubriaco che ha puntato un pesce acrobatico nell'acqua.
Il protocollo da seguire é sempre lo stesso: mi eclisso nel sedile, braccia serrate lungo le cosce, occhi chiusi, Musica in cuffia a palla, discorsi nella mia testa: “É tutto normale, dobbiamo scendere per forza, non stiamo precipitando senza criterio, stiamo atterrando. Concentrati sulla canzone, anche senza pilota l’aereo atterrerebbe lo stesso, va tutto bene, con tutti quelli che ci sono, proprio questo aereo deve precipitare?”.
Questo pomeriggio ero a poche decine di metri da quella me eclissata nel sedile con gli occhi chiusi, e l’avvicinarsi al suolo dell’aereo, in fondo, mi è sembrato abbastanza controllato, costante, naturale, tranquillo.
A volte, cambiare semplicemente prospettiva su un problema, può risolverlo.
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