Settembre 20, 2019
20, 2020

E se fossi stata io?

È molto, molto particolare come coincidenza, no?
Proprio lo stesso giorno, durante quelle ore...

La decisione ormai ce l’avevo in testa da mesi, ma proprio quel giorno ho deciso di fare un passo concreto, di spingere la cloche e far decollare quell’aereoplanino, fino a quel momento ancora di carta.

Era il Venti Settembre Duemiladiciannove e la mia richiesta per ottenere il Visto Australiano veniva approvata.
Un'email, dall’Ente di Immigrazione Australiano, con tanto di logo in alto e poi la parola GRANTED (approvato) accanto al mio nome e cognome.
Per me. Il mio visto.

Riesco a rivedermi, quel venerdí pomeriggio in camera mia, seduta sul letto, aprire quell’email e leggerla una, due, tre volte, scrollare la pagina su e giù per essere sicura di aver recepito il senso del messaggio, tradurre l’email, cercare un facsimile online, rileggerla, considerare davvero di aver capito.
Percepire i muscoli della faccia allargarsi in un sorriso da orecchio a orecchio, intrattenibile, involontario. Alzarmi, battere le mani, guardarmi allo specchio e vedere degli occhi umidi, continuare a battermi le mani: ho vinto i Mondiali le Olimpiadi il premio Nobel, ce l’ho, ce l’ho. É ufficiale, se voglio ci posso andare, la burocrazia è superata.
Avrei voluto dirlo a tutti, gridarlo dalla finestra, scendere per strada, fermare chiunque e farlo partecipe di quel momento.

Ma non era ancora tempo. Avrei tenuto quella notizia solo per me, per un pò.
Nascondendo l’adrenalina che pulsava ancora fortissima, ho fatto una chiamata di routine.

Scopro che la nonna è finita in ospedale.
L’avevo sentita i giorni prima: accusava un dolore alla gamba. Non era caduta, non era successo niente di particolare, solo un dolore all’improvviso e la difficoltà a camminare.

Lei che non si era mai lamentata, che si era ripresa sempre senza neanche darlo a vedere, non curante degli anni che passavano, lei e la sua soglia del dolore sovraumana, lei in piedi. Sempre.
Era rimasta in piedi anche quella volta, nonostante il femore rotto.
Se n’erano accorti quel giorno, quel Venti Settembre, in ospedale.

Nel giro di tre settimane c’è stata l’operazione, l’anestesia, il risveglio, l’inizio della ripresa, la prima riabilitazione, i primi passi, poi un declino improvviso, la rianimazione, il coma, la terapia intensiva, un risveglio, un’altra chiamata di emergenza, la rianimazione di nuovo, un altro risveglio, ...

Son sicura lei ne avesse ancora, si sarebbe ripresa di nuovo, si sarebbe rimessa in piedi.
Ma quelle tre settimane erano state impegnative per tutti, se n’era accorta e ha scelto di farsi da parte: non era nel suo stile arrecare disturbo.

Nonna se n’è andata così.

Non ha mai saputo che avevo ricevuto quell'email, non ha mai saputo che da lì a cinque mesi non avrei trovato le parole per salutarla e trasferirmi dall’altra parte del mondo.

Forse non sarei mai riuscita a salutarla. Forse non sarei mai partita.

Ha scelto di farsi da parte. Mi ha salutata.
L’ha fatto lei per me.